DA: www.cnms.it/campagna_congelamento_debito
UN “AUDIT” SUL DEBITO “PUBBLICO”
Appunti e spunti di Aldo Zanchetta
NB Non si tratta, almeno per ora, di un documento organico ma di una serie di appunti per l’intervento al Seminario sul debito
L’obbiettivo di questa chiacchierata è quello di approfondire il significato dell’audit cercando di:
- definire un linguaggio comune (c’è molta confusione anche nella terminologia usata)
- esprimere con chiarezza gli obbiettivi dell’iniziativa sull’audit del debito (coniugata nella nostra petizione, non dimentichiamolo, con la richiesta di una moratoria sul debito stesso)
- delineare un metodo di lavoro adeguato agli obbiettivi
[Una piccola riflessione andrà anche fatta sull’adeguatezza dell’uso del termine audit per comunicare alla gente il significato di ciò che noi intendiamo fare. In via provvisoria parlerò di analisi o indagine operativa, cioè qualcosa di più di una semplice indagine conoscitiva.]
Ricordiamo intanto che il debito pubblico è la somma di tutti i deficit cumulati anno dopo anno, da tutte le strutture dello Stato (governo, regioni, province, comuni). Quindi un audit riguarderà tutte queste entità.
Non mi soffermerò su come si è formato il debito pubblico né sulle possibili vie di uscita perché sono state oggetto di altre relazioni. E’ invece opportuno spendere due parole sulla funzione del debito pubblico, vista la polemica oggi in corso sulla decisione (imposizione) di molti stati di mettere nella loro Costituzione l’eliminazione o il contenimento di grandezza quasi risibile del deficit di bilancio.
Nel libro La buona società, scritto se non ricordo male su richiesta della Chiesa luterana tedesca, l’economista liberal statunitense J.K. Galbraith ( sosteneva che l’indebitamento dello stato è prassi lecita e utile allorché è destinato a investimenti di una certa entità entità e con finalità sociali che sarebbe stato opportuno non far gravare sul bilancio corrente e i cui risultati si sarebbero visti nel tempo, consentendo così anche il ripianamento non gravoso graduale del debito contratto. J.M.Keynes dal canto suo vedeva il debito come strumento anticiclico per intervenire sull’economia ad es in tempo di crisi.
Questo è ciò che si legge anche nei manuali di economia: <<Se si vuole affrontare il problema in modo rigoroso, prima di domandarsi come eliminare il debito, può essere utile anzitutto individuare le risposte che gli studiosi hanno fornito sulla natura del debito pubblico e sul suo ruolo in un’economia di mercato. In estrema sintesi, ci pare che la teoria economica abbia messo a fuoco quattro funzioni che esso può svolgere: – la modificazione nel tempo del livello dell’attività economica (funzione di stabilizzazione) – la realizzazione di una redistribuzione degli oneri di spese pubbliche tra diverse generazioni; – la realizzazione di una distribuzione ottimale delle aliquote fiscali (tax smoothing) – l’eliminazione di cause di fallimento del mercato, attribuibili alla presenza di incompletezza di mercati.>> Da “La teoria del debito pubblico”.
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Definiamo ora cosa si intende in gergo tecnico per audit in generale e poi più specificatamente per audit del debito di uno stato.
L’auditing (da to audit – verificare) è l’azione di revisione del funzionamento di un sistema.
Nel caso del debito statale si tratta di verificare la sua entità, la correttezza dei modi con cui è stato contratto, le finalità e l’effettivo impiego.
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Il secondo obbiettivo (correggere e migliorare l’efficienza) non va dimenticato nel nostro caso. Si tratta infatti non solo di rendere evidente ai cittadini il meccanismo della creazione del debito -e di denunciare eventuali illeciti- ma anche di stabilire delle procedure più virtuose per il futuro.
Nel manifesto della campagna il tema dell’audit si unisce al tema del congelamento su cui non entrerò per restare nei limiti assegnati. Comunque è bene avere chiara la differenza concettuale fra audit, congelamento del debito e default, spesso mescolati insieme senza una chiara distinzione logica e operativa.
Cosa significa “congelamento del debito” (forse la parola moratoria, più usuale, sarebbe più comprensibile?)
<<Congelare il debito non significa automaticamente dichiarare fallimento, o default, come alcuni tendono a fare. Il fallimento è una dichiarazione di resa assunta per impotenza economica. Il congelamento è una dichiarazione di volontà assunta per decisione politica. E’ il sussulto di un popolo che si riappropria della propria sovranità. Congelare il debito significa sospendere il pagamento di capitale e interessi, a banche, fondi e assicurazioni, per un periodo di tempo di uno o due anni, in modo da recuperare quella libertà e quella cognizione di causa necessarie a poter definire, in piena autonomia, criteri e tempi di uscita dal debito. Il primo obiettivo del congelamento è mettere fuori gioco la speculazione in modo da non avere più la pistola dei mercati puntata alla tempia. Se gli speculatori sapessero che non si può ottenere più niente, perché i rubinetti dello stato sono chiusi, la smetterebbero con i loro giochetti per fare aumentare i tassi di interesse. Portarsi fuori ricatto è già un passo importante per recuperare libertà decisionale, ma nel contempo bisogna fare luce sui fatti perché indagando possono emergere elementi che ribaltano la situazione..>>
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Resta una obiezione di fondo. Congelare il debito significa anche congelare i titoli di stato posseduti da piccoli risparmiatori che hanno così investito i loro risparmi e dei cui frutti hanno necessità per vivere? La nostra petizione ha posto questo problema e sul piano tecnico è possibile separare e escludere dalla moratoria questa componente, ma è un tema che non affrontiamo qui.
Un cenno storico sull’audit del debito
Il primo esempio storico di audit del debito a livello statale, per quanto ne so, risale agli anni della Grande Depressione, quando alcuni stati latinoamericani contestarono i debiti contratti con paesi occidentali giungendo a parziale cancellazione di questi debiti, senza che ne derivassero grandi reazioni da parte dei paesi creditori.
Un caso più recente, con conseguenze pratiche significative (annullamento di alcune componenti del debito), è quello dell’Ecuador (2007-2008). Questo è stato definito come “audit integrale” in quanto ha riguardato l’intero debito estero statale, ed è stato condotto da una qualificata commissione internazionale indipendente (CAIC).
Un caso pure recente di audit, ma questo di tipo conoscitivo, è stato quello del parlamento brasiliano (2009-2010) per fare chiarezza su un arco di anni sulla gestione dell’enorme debito brasiliano. Proprio in questi giorni in Brasile sta esplodendo il dialogo su come avvennero negli anni ’80 e ‘90 le privatizzazioni di molte fiorenti industrie di stato di cui citerò due casi di cui mi occupai a suo tempo, quella dell’industria mineraria Vale do Rio Doce e quella del sistema telefonico brasiliano (Telebras).
Un terzo caso mi pare significativo perché promosso da una entità statale e contrastato a livello ufficiale -tanto che per renderlo possibile si è dovuto adire in sede giudiziaria- è quello della GAO (Gouvernement Accountability Office), una commissione del Congresso statunitense incaricata di vegliare sulla contabilità pubblica, che ha svelato come, all’insaputa dello stesso Congresso e ancor più dell’opinione pubblica, nel periodo fra il 2007 e il 2010 la Fed abbia concesso un prestito gigantesco di circa 16.000 miliardi di dollari a una ventina di grandi banche mondiali, alcune neppure statunitensi, a un tasso, se non vado errato, dello 0,25%.
Questi casi sono stati descritti in un testo di Maria Lucia Fattorelli presente sul sito della Campagna.
Il problema più ampio della contestazione del debito dei paesi del terzo mondo è stato posto da tempo con determinazione dal CADTM (Comitato per l’annullamento del debito del terzo mondo) fino dal 1990, mentre dalla fine degli anni 90 è attiva in America latina e nei Carabi la campagna di un coordinamento di organizzazioni sociali sotto il nome di Giubileo Sud. Queste campagne hanno portato ad effettuare alcuni referendum popolari, che non hanno avuto un seguito istituzionale ma hanno avuto un grande significato per l’innalzamento del grado di consapevolezza di ampi strati della popolazione. Sul sito del CADTM (www.cadtm.org) si trovano materiali utili per approfondire il problema del debito, oggi coinvolgente anche i paesi del “nord”.
La campagna per l’audit del debito in Europa
Campagne sull’audit del debito sono in questo momento in corso in alcuni paesi europei : Grecia, Spagna, Portogallo, Francia, Belgio e ora in Italia. Un primo incontro di rappresentanti di vari paesi si è tenuto in Ottobre a Madrid e un secondo incontro, con la presenza di rappresentanti delle campagne di alcuni paesi del Nord Africa (in particolare Egitto e Tunisia) e dell’Africa nera, è stato il seminario di Liegi organizzato dal CADTM a inizio dicembre.
Il livello di organizzazione delle varie campagne è differente a seconda dei paesi e le caratteristiche sono abbastanza diverse da quelle latinoamericane sopra citate, data la diversità del contesto socio-politico.
Infatti, come scrive in un testo molto interessante l’attivista greco George Mitralias a proposito dell’esperienza in corso in Grecia (pure reperibile sul sito):
<<…si impone una prima constatazione di fondo a mo’ di avvertenza: pur essendo ricchissima di insegnamenti pratici e teorici, l’esperienza ecuadoriana d’audit (riuscita) del debito pubblico non si può ripetere nell’Europa della crisi ai tempi della Troika! Il motivo è molto semplice: tranne che in una situazione veramente prerivoluzionaria, non vi sarebbe mai un presidente Correa europeo a sottoscrivere decreti che facilitano il compito di una Commissione autonoma d’audit del debito. Inutile dire che nel caso di una situazione del genere in Europa, questa questione tenderebbe a eclissarsi di fronte all’urgenza di altri compiti…
Questa prima osservazione è ricca di insegnamenti molto pratici. In primo luogo, contribuisce parecchio a collocare con maggior precisione le ambizioni e la funzione delle campagne per l’audit del debito pubblico che stanno per nascere un po’ ovunque in Europa. L’impossibilità “oggettiva” di avere dei “Correa” europei si traduce in quella degli audit autonomi a penetrare nel segreto di Stato dei propri debiti, vale a dire di avere accesso a tutti i documenti indispensabili per individuare la parte illegittima (e scandalosa) del debito stesso.
…le difficoltà degli audit europei non si riducono al solo ostruzionismo attivo delle autorità dei paesi in questione. In realtà, è ormai la Santa Alleanza del Fondo Monetario Internazionale (FMI), della Banca Centrale Europea (BCE) e della Commissione Europea (CE), sostenuta dal complesso delle cancellerie europee, a vietare in tutti i modi, o perlomeno a rendere molto difficile, la realizzazione di un audit integrale di un debito, perché la considerano – per la verità a giusto titolo – un vero e proprio crimine di lesa maestà, in questi tempi gravidi di ogni pericolo! Evidente la conseguenza pratica: portare a termine un audit civico integrale e dettagliato del debito pubblico nell’Europa di oggi è praticamente quasi impossibile! È una verità che va riconosciuta, spiegata e detta esplicitamente, perché altrimenti la dura realtà si vendicherebbe di illusioni infondate, suscitando ben presto lo scoraggiamento di militanti ed esperti in buona fede nel momento in cui si rendessero conto che stavano inseguendo una chimera…>>
Dopo questo bagno di realismo però aggiunge:
<<Attenzione, però: l’impossibilità oggettiva di condurre a termine un audit civico integrale del debito nell’Europa attuale non significa in alcun modo che sia impossibile intraprendere e fare avanzare un audit o, più ancora, tradurre in forte movimento di massa la “filosofia” di quest’audit del debito pubblico. Del resto, solo lo sviluppo di questo forte movimento di “quelli che stanno in basso” potrebbe, in compenso, creare rapporti di forza in grado di spezzare le resistenze di “quelli che stanno in alto” per condurre in porto gli audit del debito pubblico…
Avviare – e fare avanzare il più oltre possibile – un audit del debito significa in primo luogo porre pubblicamente il problema della trasparenza e della gestione democratica di questo stesso debito. Questo ha come conseguenza quasi immediata il fatto di desacralizzare e di demistificare il debito agli occhi dei cittadini che sono stati educati (da quelli in alto) a non impicciarsi di affari che spettano agli “esperti” e ai governanti, a non esercitare il loro diritto democratico di controllare gli atti delle “autorità”. È un compito che le campagne dell’audit si devono assumere prioritariamente, se vogliono abituare la società all’idea: a) che non deve lasciar decidere altri al posto suo, e b) che deve prendere nelle sue mani il proprio destino.
Di fronte al problema di un audit sul debito a molti può venire un dubbio: per intraprendere un audit, ancorché del tipo ora detto, occorre essere degli “esperti”?
Rispondono Millet e Toussaint (L’audit cittadino del debito: come e perché)
<<L’esercizio dell’audit non è un esercizio riservato a degli esperti. Essi naturalmente sono benvenuti e possono apportare molto al lavoro collettivo dell’audit cittadino. Ma un collettivo può cominciare il lavoro senza essere necessariamente garantito da una tale partecipazione. E’ intraprendendo le ricerche e provocando un dibattito pubblico che strada facendo i collettivi si consolideranno e riuniranno esperti diversi. Ciascuno di noi può prendervi parte e può mettersi al lavoro per mettere in chiaro il processo dell’indebitamento pubblico.>>
Un’altra avvertenza importante di Mitralias è quella di non estendere troppo il campo di questo tipo di indagine dal basso limitandola ad alcuni casi particolarmente significativi capaci di coinvolgere la sensibilità della gente.
Mitralis si sofferma anche opportunamente sui rapporti interni al movimento dell’audit per non ricalcare prassi fin troppo note e deleteree. Ma per questioni di tempo rinvio alla lettura del testo reperibile sul sito.
DEBITI ILLECITI, ILLEGITTIMI, ODIOSI
Se non possiamo pensare di ripetere le modalità degli audit definiti “integrali” come quello ecuadoriano, né le campagne popolari condotte sul debito nel “Sud” del mondo, l’esperienza che possiamo derivarne è comunque molto importante, in particolare per i progressi compiuti a livello concettuale nella definizione di “illegittimità” e “odiosità” del debito.
Di particolare interesse è la definizione di debito odioso che ha fatto la sua comparsa nel diritto internazionale già da alcuni decenni. In particolare citiamo il documento di Mohammed Bedjaoui nel suo progetto di articolo in materia di debiti statali per la Convenzione di Vienna del 1983:
“Assumendo il punto di vista della comunità internazionale, potremmo qualificare come debito odioso qualunque debito contratto per fini non conformi al diritto internazionale contemporaneo, e più in particolare ai principi del diritto internazionale incorporato nella Carta delle Nazioni Unite” (2).>>
È quindi odioso qualsiasi prestito che ha origini illecite o immorali.
Come abbiamo già detto l’accensione di un debito è legittima se il debito viene contratto per azioni i cui beenefici ricadono sulla popolazione. Ma la esperienza ormai dice come questo non sia riscontrabile per gran parte delle somme all’origine del debito. Scrive la Fattorelli:
<<Lo stesso fenomeno ha luogo in Europa dove numerosi paesi sono coinvolti in serie crisi del debito e in manifestazioni alle quali partecipano milioni di cittadini. Occorre ricordare che nel 2008 non si parlava di crisi del credito ma piuttosto di una crisi che colpiva le grandi banche. A quel momento le autorità decisero il loro salvataggio pur conoscendo bene i seri rischi rappresentati da questa decisione per il budget e il sovraindebitamento di tutti i paesi, come ben testimonia il ritaglio di stampa datata 2009 riportato sotto:
<Il salvataggio bancario europeo potrebbe precipitare l’Unione Europea nella crisi>
<Secondo un documento confidenziale di Bruxelles, un riacquisto dei titoli tossici posseduti dalle banche europee potrebbe precipitare l’Unione europea nella crisi.
Corrispondenza di Bruno Waterfield da Bruxelles , 11 febbraio 2009.>
“Le stime della cifra totale dei titoli tossici da cancellare dai libri contabili delle banche suggeriscono che i costi budgetari –reali e eventuali- del riacquisto dei titoli tossici dovrebbero essere molto importanti sia in termini assoluti che relativi al PIL degli Stati membri, come mette in guardia il documento consultato dal Daily Telegraph. E’ importante che il sostegno governativo per il riacquisto di questi titoli tossici si realizzi su una scala che non crei inquietudini per il sovraindebitamento o sui problemi di finanziamento. Il documento segreto di 17 pagine è stato discusso martedì scorso dai ministri delle finanze fra i quali il ministro delle finanze britannico Alistair Darling.”
Benchè cosciente del rischio di fallimento economico, rischio evocato in alcuni documenti segreti e palpabile nell’atmosfera di paura e nei summit d’urgenza, l’Unione europea ha fatto pressione sui vari paesi affinché organizzassero una serie di operazioni di salvataggio delle istituzioni finanziarie. Dal momento che i paesi non disponevano dei fondi per condurre a buon fine queste operazioni, essi hanno proceduto a delle emissioni massicce di titoli.
E’ necessario sapere che le giustificazioni per questa decisione sono contenute nel “documento segreto di 17 pagine” che dovrà essere reso pubblico da un audit completo del processo..>>
Ma andiamo oltre nell’approfondimento del tema:
<<Al fine di aiutare le banche a sostituire una parte della bolla dei “titoli tossici”, i paesi hanno proceduto sia alla emissione di nuova moneta (ad es. nel caso degli Stati uniti come è stato rivelato dall’audit realizzato dalla GAO che ha mostrato la consegna da parte della FED di 16.000 miliardi di dollari alle banche), sia creato debito pubblico con l’emissione di buoni dello Stato, oltre ad altri strumenti.
Una parte significativa dei “titoli sovrani” di questi paesi non rappresenta dunque un “debito pubblico” reale per una emissione di titoli destinati a creare risorse per il paese ma semplicemente l’utilizzo deviato del meccanismo del debito per garantire fondi alle istituzioni finanziarie.>>
Ne discende una prima serie puramente indicativa di interrogativi che devono porsi coloro che si accingono ad iniziare una operazione di audit:
1. Qual è il montante del debito sovrano emesso per il salvataggio delle banche?
2. Quale responsabilità del FMI e dell’UE nell’imposizione di misure sfavorevoli al popolo e vantaggiose per le banche?
3. Quale responsabilità delle banche per:
a. aver incitato il paese a indebitarsi sempre più
b. avere speculato sui titoli del debito per far salire continuamente i tassi
c. aver giocato con i prodotti derivati quali i Credit Default Swaps (CDS) e altri titoli tossici.
4. Quale è l’origine del debito pubblico? Il paese ha ricevuto le somme contrattate? A cosa sono serviti questi soldi? Per quali obbiettivi? Chi ha tratto guadagni da questi prestiti?
5. Quali debiti privati sono stati commutati in debiti pubblici? Quale è l’impatto di questi debiti privati sul budget dello Stato?
Un’altra lista anche più ampia di interrogativi è proposta da Toussaint e Millet nell’articolo pure riportato nel sito.
<< Quando avremo fatto luce su tutte queste informazioni, noi potremo dire quale parte del debito è illegale, sostenuti in ciò da numerosi argomenti giuridici come:
– la corresponsabilità dei creditori e delle istituzioni finanziarie internazionali
– l’asimmetria fra le parti
– la violazione dei principi generali come il carattere ragionevole e il mantenimento in essere di una certa situazione data (Rebus sic stantibus)
– il diritto allo sviluppo
– il diritto alla sovranità
– le violazioni dei diritti umani.>>
Altre considerazioni interessanti derivanti dal lavoro della CAIC e che possono essere riprese nel nostro lavoro sono riportate nel riquadro sottostante.
Ogni sistema giuridico include la nozione di abuso dei diritti. In generale, le caratteristiche principali che definiscono un atto abusivo sono legati ai casi in cui degli atti provocano dei danni, quando un pregiudizio eccessivo viene causato a una delle parti, quando c’è prova dell’intenzione di causare un torto o di ottenere benefici eccessivi, quando l’atto mortifica i diritti sociali ed economici, quando fra l’altro contravviene a ciò che è ragionevole in materia di interessi sociali.
Nel corso dell’audit sul debito dell’Ecuador, oltre ad appoggiarsi sulla legislazione del paese, la Commissione per l’audit (CAIC) è anche ricorsa ai principi del diritto internazionale pubblico, ai patti internazionali come il Patto internazionale sui diritti civili e politici come a quello sui diritti economici, sociali e culturali. Noi abbiamo così scoperto che la maggior parte delle negoziazioni sul debito estero ecuadoriano avevano violati questi trattati.
La CAIC ha anche utilizzato certi Principi generali del diritto (PGD) che possono essere utili come:
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Alcune letture utili alla riflessione
<<Un’indagine che valuti anche il ruolo avuto dagli interessi e che esamini la lista dei creditori per capire se ce ne sono che da decenni si arricchiscono alle spalle del debito pubblico. In tal caso bisognerà fare un conto di quanto hanno incassato per stabilire se non sia arrivato il momento di dire basta. A meno che non si voglia affermare che la rendita è un diritto perpetuo, bisognerà pur stabilire quando cessa il diritto del creditore a pretendere un compenso dal debitore. Ad esempio, quando l’esborso per interessi è pari al doppio del capitale non potrebbe aver senso annullare ogni rapporto di dare e di avere? E ancora non basta. Una seria indagine deve occuparsi anche delle entrate perché se è vero che il deficit è una sfasatura fra entrate e uscite non è detto che la responsabilità sia solo dell’eccesso di spesa. Può essere dovuto anche a una carenza di entrate. In Italia, ad esempio, abbiamo un tasso di evasione altissimo e sappiamo che dal 1982 ad oggi si sono abbassate le aliquote oltre i 75000 euro dal 72 al 45%. Per lo stato ha significato senz’altro un mancato incasso che gli ha procurato un doppio danno: il peggioramento del debito e un maggiore esborso per interessi. Per i ricchi, invece, si è trattato di un doppio guadagno: mancato esborso fiscale e incasso di interessi perché la beffa è che i soldi risparmiati sono finiti comunque allo stato, ma sotto forma di prestito. E allora chi è il vero debitore: il popolo depredato dai ricchi o i ricchi che hanno derubato il popolo? |
Fra le ragioni per cui nel corso degli anni si sono avute entrate inferiori a quelle che il sistema avrebbe potuto garantire, va citata la riduzione delle aliquote sugli scaglioni più alti di reddito, la bassa tassazione dei redditi da capitale, la riduzione se non l’eliminazione delle imposte patrimoniali, l’elevato tasso di evasione fiscale, l’espandersi dell’economia in nero.
Fra le ragioni per cui si è avuta un’accelerazione delle uscite, vanno citate le politiche a sostegno delle imprese, il pensionamento precoce nel settore pubblico, l’abnorme espansione occupazionale in ambito pubblico e il mantenimento di inutili carrozzoni con finalità al tempo stesso clientelari ed elettorali, l’esplosione dei privilegi dalla politica, le ruberie a vantaggio di imprese appaltate dallo stato per spartire il bottino con i partiti al governo, la corruzione valutata 60 miliardi di euro l’anno. Ma non va dimenticato il ruolo degli interessi che specie negli anni ottanta sono stati elevatissimi. Nel 2010 la spesa per interessi è stata pari a 70,1 miliardi di euro corrispondente all’8,8% dell’intera spesa pubblica e al 15,7% delle entrate tributarie (Imposte dirette e indirette esclusi oneri sociali). In effetti gli interessi, oltre ad accrescere le uscite e quindi il debito, rappresentano una redistribuzione alla rovescia: concentrano nelle tasche di pochi la ricchezza di tutti. Fonti: Maria Teresa Salvemini, Le politiche del debito pubblico, Laterza 1992; Corte dei Conti, Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica; Nunzia Penelope, Soldi rubati, Salani Editore 2011.
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Il fondamento giuridico che parte da ragioni illecite o immorali per rimettere in causa la validità dei contratti si ritrova in numerose legislazioni nazionali civili e commerciali. Ci rimanda direttamente a una questione che solleva la dottrina del debito odioso: a chi profittano i prestiti? Nel caso degli accordi conclusi con la Grecia, il Portogallo e l’Irlanda, è chiaro che le banche private europee, che hanno prestato a questi paesi in maniera totalmente irresponsabile, sono vincitrici, benché portino pesanti responsabilità nella crisi del debito. In effetti, il salvataggio delle banche private da parte dei poteri pubblici a seguito allo scoppio della crisi finanziaria del 2007 ha condotto a un’esplosione dei debiti degli Stati. In questo senso, si può perlomeno definire “immorale” la causa di fondo degli accordi presi con la Troïka e parlare di “arricchimento senza ragione” (un principio generale del diritto internazionale secondo l’articolo 38 dello statuto della Corte Internazionale di Giustizia) da parte delle banche private. È ugualmente previsto in diversi codici civili nazionali come nel codice civile spagnolo (agli art. 1895 e seguenti) e francese (agli art. 1376 e seguenti).
L’arricchimento senza ragione delle banche private è poi ulteriormente aggravato dal fatto che queste ricavano un enorme profitto sulle spalle dei poteri pubblici in ragione della differenza tra, da un lato, i tassi di interesse di più del 4% che esigono dagli Stati interessati per l’acquisto dei titoli che emettono per una durata di 3 o 6 mesi, e, d’altro canto, il tasso dell’1% al quale queste stesse banche hanno ottenuto i loro prestiti presso la BCE fino all’aprile del 2011, prima che fosse portato all’1,25% e poi all’1,5% (8). Possiamo anche parlare di arricchimento senza ragione (arricchimento abusivo e illegale) a proposito di Stati come la Germania, la Francia e l’Austria che hanno ottenuto sul mercato prestiti al 2% per poi prestare a loro volta alla Grecia al 5% o al 5,5%, all’Irlanda al 6%. Lo stesso vale per il FMI che ottiene prestiti dai suoi membri ad un determinato tasso e poi presta alla Grecia, all’Irlanda e al Portogallo a tassi nettamente superiori. Le misure annunciate dalle autorità europee il 21 luglio 2011 costituiscono una confessione chiara e netta dell’“arricchimento senza ragione” di cui sono responsabili e del carattere doloso della loro politica. Hanno alla fine annunciato la loro intenzione di ridurre di 2 o 3 punti il tasso di interesse che esigono dalla Grecia, dall’Irlanda e dal Portogallo. Proclamando che avrebbero riportato il tasso di interesse a circa il 3.5% per i crediti a 15 e 30 anni, riconoscono che i tassi che esigono sono proibitivi. Lo fanno benché sia evidente il disastro nel quale esse hanno contribuito a condurre questi paesi e anche il contagio trasmesso agli altri paesi.
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<<Non vi è alcun dubbio sul fatto che le condizioni imposte dalla Troïka (licenziamenti di massa nella funzione pubblica, smantellamento della protezione sociale e dei servizi pubblici, diminuzione dei bilanci sociali, aumento delle imposte indirette come l’IVA, diminuzione dei salari minimi,…) violano in modo manifesto la Carta della Nazioni Unite. In effetti, tra gli obblighi contenuti in questa carta, troviamo in particolare gli articoli 55 e 56, “il miglioramento del livello di vita, il pieno impiego e delle condizioni di progresso e di sviluppo nell’ordine economico e sociale (…), il rispetto universale ed effettivo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti, senza condizioni di razza, di sesso, di lingua o di religione”. Di conseguenza, le misure di austerità e i debiti contrattati nell’ambito di questi accordi con la Troïka sono nulli poiché tutto ciò che vi è iscritto ma è contrario alla Carta dell’ONU è da considerarsi come se non fosse stato scritto.>>
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ALCUNI DOCUMENTI DI RIFERIMENTO
Priorità e compiti dell’audit del debito pubblico in Europa al tempo della Troika. Alcuni insegnamenti dell’esperienza della commissione per una campagna per un “audit” del debito pubblico greco, dopo un anno di lavoro di Yorgos Mitralias
L’audit cittadino del debito: come e perché di Damien Millet e Eric Toussaint
Come si è formato il debito pubblico … e perché non ne siamo responsabili Dal blog di Antonio Moscato
Anatomia del debito di Guido Viale – Il Manifesto , 28.12.2011
Un audit sul debito di Guido Viale – Il Manifesto
L’audit, uno strumento essenziale per rivelare le origini del “debito” negli Stati uniti e in Europa di Maria Lucia Fattorelli
Una commissione d’indagine sul debito pubblico di Francesco Gesualdi da Il manifesto del 27.12.2011
Una proposta di congelamento selettivo del debito che non mette in discussione né la costruzione dell’eurozona né l’euro come moneta ma in un quadro di ristrutturazione dell’unità europea (a differenza di altre proposte precedenti dello stesso autore) da: Keynes vs Tabellini di Alberto Bagnai (Il sito di Bagnai è: www_bagnai_org
Un audit sul debito, una illusione europea? di Aldo Zanchetta
Audit sul debito, in Europa si fa così di Salvatore Cannavò – Il Manifesto , 05.01.2012
Quelques fondements juridiques pour déclarer la nullité des dettes publiques di Renaud Vivien, Cécile Lamarque , www.cadtm.org
UNA PRIMA INDICAZIONE DI CASI DA ESAMINARE
Le spese militari ! In particolare il caso dell’acquisto degli F 35, con i suoi risvolti poco chiari.
Le spese per la guerra di Libia
Gli investimenti di alcune istituzioni locali
Economisti come Loretta Napoleoni, affermano che è impossibile avere il dato preciso perché in ogni ambito delle amministrazioni pubbliche, dal Ministero del Tesoro, fino all’ultimo comune d’Italia, possono essere stati accesi prestiti presso banche private compiacenti che in cambio di laute commissioni hanno escogitato degli stratagemmi per farli passare come anticipi su operazioni future. Ma il problema è che si tratta di operazioni assimilabili a scommesse che possono o non possono dar luogo ad incassi. In conclusione si fanno comparire fra le entrate somme che negli anni successivi possono trasformarsi in debiti, gravati di interessi, perché l’evento auspicato non si è realizzato.
Gli investimenti in derivati da parte di enti pubblici
Gustavo Piga, professore dell’università di Tor Vergata, ha spiegato che tutti i grandi paesi industrializzati del mondo, Italia compresa, ricorrono all’uso di queste polizze assicurative, meglio conosciute come derivati, che però sono costosissime e tal volta articolate in una maniera tale che se l’evento assicurato non si realizza, può essere il cliente a dover pagare l’assicuratore. Ne sanno qualcosa i 519 comuni d’Italia che dalla sottoscrizione di simili polizze, con banche del calibro di Deutschebank o Ubs, stanno registrando perdite per quasi un miliardo di euro. Così l’utilizzo delle moderne tecniche di ingegneria finanziaria sta aggravando il debito pubblico e lo sta rendendo sempre più opaco, ossia fuori controllo. I vincenti, ancora una volta, sono le banche e le assicurazioni.
La maxitangente Enimont
Le spese per il G8 a La Maddalena
Tav, Ponte sullo stretto, Moses……
Fonti di notizie sono giornali come Il Fatto ma anche Il giornale e altri (con le cautele del caso), certe iniziative dei deputati radicali, una certa pubblicistica (Chiare Lettere……)
Una buona casistica è presentata nel testo di Moscato “Come si è formato il debito pubblico” (vedi sito)
Pure utile il testo di V. Giacchè Fisco, populismo e lotta di classe in Italia
Scrive Toussaint:
<<la stampa, i rapporti della Corte dei conti,, i siti internet delle istituzioni parlamentari, della banca nazionale, dell’agenzia incaricata della gestione del debito, dell’OCDE, della Banca dei regolamenti internazionali (BRI), della BCE, delle banche private, delle organizzazioni o dei collettivi che si sono lanciati nello studio critico dell’indebitamento (www.cadtm.org, www.attac.org…), gli archivi delle collettività locali, i rapporti delle agenzie di valutazione o ancora delle memorie di tesi di laureandi. Non occorre esitare a richiedere a dei parlamentari di porre delle interrogazioni pubbliche al governo o a dei mandatari locali di farlo presso delle collettività locali.>>
Come vedete gli spunti non mancano. Buon lavoro!